Articolo di Vittorio Vezzetti, pubblicato sul N.2 di " PEDIATRIA PREVENTICA E SOCIALE", ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETA' ITALIANA PEDIATRI.
Vittorio Vezzetti è pediatra preso l'ASL Varese, Responsabile Medico Scientifico Associazione Nazionale Familiaristi Italiani A.N.F.I.
INTRODUZIONE
Il 18 dicembre 2009 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione contenente le linee guida relative all'accoglienza dei minori fuori famiglia. Essa indica che il rapporto del minore con la sua famiglia è da preservare e tutelare al massimo del possibile impegnando gli Stati a provvedere con ogni mezzo sia per impedire che il fanciullo ne debba uscire sia per agevolarne il rientro qualora sia già uscito.
Qualora non risultino percorribili né la via del mantenimento della famiglia originaria né quella di un vero percorso adottivo, la risoluzione detta alcuni criteri generali ben precisi:
che il minore sia tenuto in luoghi vicini all sua residenza abituale;
che si ponga attenzione ache il minore non sia oggetto di abuso o sfruttamento;
che l'allontanamento si prospetti temporaneo e si cerchi di preparare il rientro in famigla al più presto possibile;
che il dato della povertà familiare non sia da solo sufficiente a giustificare l'allonanamento del minore;
che motivi d'ordine religioso, politico ed economico non siano mai causa principale dell'invio di un minore fuori famiglia;
che sia preferita, ove possibile, l'assegnazione ad un ambiente familiare rispetto all'istituto (soprattutto sotto i tre anni d'età).
La risoluzione distingue poi fra tre diverse tipologie d'affidamento:
1- quella informale (parenti o amici stretti di famiglia senza un provvedimento formale)
2- quella formale della famiglia parentale o affidataria (da scegliere attraverso apposito elenco da istituire e aggiornare)
3-quella formale dell'affidamento residenziale (comunità, istituti), da considerare come ultima chance.
MODALITA' DI AFFIDAMENTO E TIPOLOGIA UTENTI IN ITALIA
Il fenomeno dei minori inviati fuori famiglia dall'Autorità Giudiziaria è in Italia oggetto di discussioni e confronti spesso aspri. Uno dei motivi è legato senz'altro alla difficoltà di reperire dati omogenei e confrontabili su cui avviare un'analisi costruttiva: enti locali e ISTAT forniscono spesso dati frammentari e non omogenei (quindi non paragonabili tra loro) e incompleti. L'Autore si riferisce in questo articolo principalmente alla fonte che reputa più precisa e autorevole: il report elaborato dall'Istituto degli Innocenti col patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero del Welfare nel 2009, pubblicato nel 2011 e che fotografa la situazione al 31-12-2008. Da allora non vi sono stati grandi cambiamenti tranne il fatto che l'affidamento familiare ha superato, di poco, quello residenziale.
La tipologia degli utenti è, secondo il suddetto report, triplice: dobbiamo infatti distinguere fra minori italiani, minori stranieri e minori stranieri non accompagnati (MSNA). Le modalità di affidamento per i minori fuori famiglia debbono essere distinte in
- FAMILIARE, che riguardava -al 31-12-2008- 15.200 minori così suddivisi:
- 83,6% italiani,
- 12,3% stranieri,
- 4,1% MSNA;
- RESIDENZIALE, che riguardava -al 31-12-2008- 15.700 minori così suddivisi:
- 67,6% italiani,
- 15,8% stranieri,
- 16,6% MSNA.
E' da subito interessante segnalare che il tipo di affidamento dopo l'invio fuori famiglia è profondamente influenzato dalla nazionalità: gli italiani vengono avviati a un affidamento familiare nel 52,9% dei casi e a un affidamento residenziale nel restante 47,1%.
Gli stranieri vengono avviati a un affidamento familiare nel 33% e a un affidamento residenziale nel 67% dei casi.
I MSNA vengono affidati a un affidamento familiare nel 20% e a un affidamento residenziale nell'80% dei casi. E' peraltro importante rilevare che nel 2007 solo il 6,5% dei minori MSNA erano stati destinati a un affidamento familiare, indicando ciò un notevole progresso nella gestione di questa categoria di minori spesso problematica.
Di rilievo risulta, ai fini dell'affidamento residenziale, il sesso del minore: il 60% dei minori avviati alle comunità sono maschi e solo il 40% sono femmine. Non vi sono differenze significative per gli affidi familiari (52% sono maschi e 48% femmine).
L'età è importante per definire il tipo di affidamento (vedi tabella 1): la prevalenza dell'affidamento a comunità è dovuto nella fascia 0-2 anni alla presenza di istituti deputati ad accogliere la madre col bambino (il Ministero del Welfare ammette che non vi è un solo posto istituzionale in tutta Italia deputato all'accoglimento del padre col bambino), mentre nella fascia 15-17 anni dipende dalla difficile attuabilità di un collocamento di minori MSNA così grandi in famiglie terze (sia per il rischio oggettivo di fuga sia per la scarsa disponibilità di famiglie).
Tabella-1: Minori fuori famiglia
secondo età, genere, cittadinanza (Fonte: Istituto degli Innocenti) per ingradire la tabella cliccaci sopra
secondo età, genere, cittadinanza (Fonte: Istituto degli Innocenti) per ingradire la tabella cliccaci sopra
ANALISI DELLA SITUAZIONE ITALIANA E PARAGONI CON L'EUROPA
In Europa il tasso (calcolato per 1000 minori) di bambini e ragazzi inviati fuori famiglia varia molto da Paese a Paese: in Bulgaria è 5.7, in Romania è 17.1 (in queste nazioni notevole è l'influenza dell'etnia Rom), in Francia dell'8, in Spagna del 4,9, in Gran Bretagna del 5.9, in Germania dell'8.5, in Lituania del 15.3, in Ungheria del 9.8, in Svezia dell'8.1.
In Italia siamo molto al di sotto di questi valori: la media nazionale (pur con grandi differenze tra Regione e Regione) è di 3 su mille minori residenti.
Peraltro in Italia si varia da un tasso di 5.2/1000 minori proprio della Liguria e di 3.9 tipico del Trentino a un 2 proprio del Veneto. La probabilità che tale differenza dai parametri veneti sia casuale è inferiore a 0.05 per la Provincia di Trento e a 0.01 per la Regione Liguria (in pratica, considerando anche il fatto che in Veneto vi sono percentualmente molti più extracomunitari -9.3%-che in Liguria -6.5%- e Trentino -8.2%-, parrebbe che la differenza sia ascrivibile a un differente criterio regionale per l'invio fuori famiglia). La media delle Regioni del centro-nord è di 3.04, mentre quello delle regioni del centro-sud è di 2.94.
Volendo evidenziare i dati Regione per Regione, si notano importanti differenze (vedi tabella 2).
Tabella 2: Minori in affidamento familiare e residenziale suddivisi per Regione
(Fonte: Istituto degli Innocenti) per ingradire la tabella cliccaci sopra
(Fonte: Istituto degli Innocenti) per ingradire la tabella cliccaci sopra
Un altro parametro che qualifica i diversi Paesi è il rapporto fra minori fuori famiglia inviati in contesti familiari e minori inviati in comunità (rapporto affidamento familiare/ affidamento in comunità).
In Italia questo rapporto è pari a uno, mentre in Svezia (modello europeo) è circa 3.5, in Gran Bretagna 2, in Romania e Ungheria 1.8, in Spagna 1.7, in Francia 1.4. Molto peggio di noi stanno Bulgaria (0.02), Lituania (0.015) e Germania (0.72).
Ovviamente i numeri, sia italiani che europei, non forniscono dettagli circa la qualità delle strutture, la qualifica del personale, il valore dei servizi erogati, la progettualità dell'affido.
Dobbiamo comunque rimarcare che al centro-nord il rapporto affidamento familiare/affidamento residenziale è di 1,39 mentre al centro-sud è di 0,7: in pratica al centro-nord è mediamente più facile per un minore finire fuori famiglia ma, una volta avvenuto ciò, è più difficile finire in un regime di affidamento residenziale (comunità). Al centro-sud avviene il contrario e questo è in buona parte dovuto a una minore promozione dell'affido familiare.
Entrando maggiormente nel dettaglio, le Regioni che hanno i migliori rapporti tra affidamento familiare e affidamento residenziale sono Valle d'Aosta (3,1), Piemonte (2), Toscana (1,9). Le peggiori Friuli Venezia Giulia (0,3), Provincia autonoma di Trento e Basilicata (0,4).
Le Regioni che inviano percentualmente più minori in Comunità (valore determinato da 2 fattori: 1-invio fuori famiglia, 2- successiva destinazione ai servizi residenziali) sono la Provincia autonoma di Trento (2.86 minori ogni mille residenti), la Liguria (2.35 ogni mille), il Friuli Venezia Giulia (2.34), le Marche (2.28). Per fare un confronto europeo il modello svedese ne invia circa 2,3 ma non dobbiamo stupirci visto che si tratta di un Paese dove lo Stato entra molto nella vita dei cittadini.
Le Regioni che inviano percentualmente più minori in affidamento familiare (risultante dagli invii fuori famiglia e dalla successiva destinazione alla rete di affido familiare) sono ancora la Liguria (2.85 ogni mille minori residenti), il Piemonte (2,45), la Toscana (2,37), la Valle d'Aosta (2,12), la Provincia autonoma di Bolzano (1,86), la Puglia (1,856). In Svezia sono circa 5,8 ogni 1000 minori residenti.
Nella valutazione di questi numeri dobbiamo tener presente che l'influenza di stranieri e MSNA non è omogenea in tutte le Regioni. In Liguria, per esempio, al momento del report la presenza di cittadini stranieri era pari alla media nazionale (6,5%), mentre in Lombardia (9,3%), Veneto (9,3%), Trentino (8,2), Marche (8,3), Friuli Venezia Giulia (7,7) era superiore.
In altre Regioni, specie del centro-sud, la percentuale era assai inferiore (Puglia e Sardegna 1,8 e Basilicata 2%). Questo comporta altresì un'altra vistosa disomogeneità: mentre i minori stranieri rappresentavano nei servizi residenziali italiani in media il 32,4% dell'utenza, in Sardegna essi costituivano solo il 2,4 e nelle Marche addirittura il 70,3%!
Un lato oscuro, non preso in esame dal report, è la durata dell'affidamento. L'impressione dello scrivente è che troppo spesso l'affidamento residenziale nel nostro Paese non venga interpretato come un breve periodo con finalità terapeutiche o riabilitative (come avviene in USA per i bambini affetti da alienazione genitoriale) ma piuttosto come una sorta di parcheggio, la qual cosa andrebbe a cozzare col dettame della risoluzione ONU. Più volte è capitato nell'esperienza dello scrivente che di fronte a un'inadeguatezza materna in caso di separazione dei genitori si sia provveduto a un invio diretto in comunità senza messa alla prova delle facoltà genitoriali paterne.
Nella casistica di 120 minori transitati in 18 anni presso la Cooperativa sociale L'Accoglienza onlus di Roma la durata media di affidamento extrafamiliare è stata di 18 mesi.
In Svezia la durata dell'affidamento è invece rispettivamente:
se in dipendenza di accordi consensuali assunti con la famiglia d'origine pari a 5,7 mesi per i maschi e 4,1 per le femmine (il 10% degli affidati lascia l'affidamento dopo anni o più).
Se in dipendenza di un atto impositivo dell'Autorità Giudiziaria pari a 17,1 mesi per i maschi e 16,8 per le femmine (il 16% circa lascia il servizio dopo 4 anni o più).
CONCLUSIONI
Malgrado l'Italia sia posizionata bene nel contesto europeo, ridurre ulteriormente gli invii fuori della famiglia con una politica più accorta è sicuramente possibile: nel decennio 1998-2008 il tasso di invii in Lombardia è sceso del 9,5%, in Calabria del 16,5%, in Valle d'Aosta dell'11,5%. L'esperienza ci dice però che è anche possibile peggiorare: nello stesso decennio in Abruzzo il tasso è aumentato del 216,5%, nelle Marche del 77%, in Basilicata del 50,1%, in Umbria del 63,3%, in Toscana del 45,8%, dati sicuramente degni di attenzione laddove si tenga in considerazione che in nessuna di queste Regioni la percentuale di stranieri era aumentata come in Lombardia.
Esistono d’altro canto ormai numerose evidenze medico-scientifiche che hanno iniziato a mostrarci i danni da deprivazione genitoriale e affettiva (dall’aumentato rischio di crisi di panico da adulti al nanismo psicosociale ecc.) e quindi, ove possibile, bisognerebbe impegnarci sulla strada della riduzione degli invii fuori famiglia e, soprattutto, in comunità.
Concludiamo con due riflessioni finali che ci dimostrano come, quantunque nella realtà europea l'Italia si collochi bene, ci siano margini di miglioramento: se tutte le Regioni avessero seguito i parametri di allontanamento propri del Veneto i minori fuori famiglia sarebbero stati 18.000 anziché 30.700.
Se poi tutte le Regioni avessero attuato i criteri affidativi del Piemonte per i minori fuori famiglia, solo 6.000 (anziché 15.500) sarebbero stati i minori ricoverati nei servizi residenziali al 31-12-2008, con notevole risparmio per la collettività (il costo giornaliero di un minore in comunità è stimato fra 200 e 300 euro al giorno).
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
1-“Rilevazione coordinata dei dati in possesso delle Regioni e Province autonome su bambini e adolescenti fuori dalla famiglia in affidamento familiare (a singoli, famiglie e parenti) o accolti nei servizi residenziali nella propria regione”, a cura dell’Istituto degli Innocenti col patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del lavoro e della politiche sociali, del Centro di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Pubblicato nel febbraio 2011.
2- “Barn och unga- isatser ar 2004”, dati ufficiali svedesi pubblicati nell’agosto 2005 da Socialstyrelsen.
3- “Presunto colpevole”, di Luca Steffenoni, Chiarelettere editore, 2009.
4- “I figli dei divorzi difficili”, di Fabio Canziani, Sellerio editore 2000,
5-“Nel nome dei figli”, di Vittorio Vezzetti, Booksprint editore, 2011.
6-“Spence S, Najman JM, Bor W, et al. Maternal anxiety and depression, poverty and marital relationship factors during early childhood as predictors of anxiety and depressive symptoms in adolescence”, Journal of Child Psychology and Psychiatry and allied disciplines 2002; 43 (4): 457-70.
7-“ Battaglia M, Pesenti Gritti P, Medland S, et al. A genetically informed study on the association between childhood separation anxiety, sensitivity to CO2, panic disorder and the effect of childhood parental loss”. Archives of general psychiatry, 06-01-2009.
8-“ Risoluzione del 24 febbraio 2010, A/RES/64/142, Guidelines for the Alternative Care of Children”
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